Il ricordo. Tutto ciò che resta di qualcosa, di qualcuno, di qualche luogo. Bei ricordi, brutti ricordi. Eppure viaggiamo in essi, di continuo. Il nostro presente è il frutto del nostro passato, e gli eventi ci spingono ad un costante confronto con quest’ultimo. Col risultato che nel presente è sempre vivo il ricordo del passato. Vivere il proprio presente è dunque un po’ viaggiare nel proprio passato.
In ogni istante della nostra vita, possiamo fermarci e ricordare. Ma siamo davvero in grado di viaggiare nei ricordi con la giusta oggettività? Probabilmente no. L’essere umano tende a cancellare le brutte cose ed enfatizzare quelle positive. Molto spesso viviamo momenti che definiamo “mediocri” o “normali” ma che, di fatto, classificheremo come meravigliosi quando faranno parte del nostro bagaglio mnemonico. Perché, questo? Per alcuni, perché manca la capacità di dare il giusto peso alle cose nel momento in cui esse si affacciano nel presente, riuscendo soltanto a migliorarne la visione con l’oggettività dello sguardo verso il passato. Per altri, invece, perché scatta quel meccanismo che tende a positivizzare i ricordi.
Viaggiare nel ricordo del passato è spesso un’arma di difesa. Quando siamo spaventati dal futuro o insoddisfatti del presente, ci rifugiamo nel caro, sicuro passato. E questo viaggio ha una connotazione puramente spirituale in quanto è spesso guidato non dall’oggettività del ricordo stesso, ma dall’immagine che vogliamo avere di quello specifico ricordo. Lo stesso evento, lo stesso luogo, la stessa situazione può essere rimembrata in modi diversi, da vari punti di vista, estremamente positivi o negativi.
Vivi il presente nel miglior modo possibile, perché il presente è un istante in cui il futuro è già passato. Me lo ripeto di continuo. Perché viaggiare in un bel ricordo è quanto di meglio si possa fare quando ormai sappiamo, con certezza, che determinati luoghi, cose o persone saranno ormai vive solo nel nostro passato. Nei nostri ricordi. Ma su questo rifletterò con più calma.